Diffondiamo queste informazioni a cura del personale sanitario dell’Ospedale Pediatrico Gaslini che meritano di essere lette e condivise da tutti i genitori con figli da 0 a 12 mesi di età. Nei nostri corsi di Sicurezza Pediatrica e di Primo Soccorso trattiamo anche questo argomento, affinché i genitori ai quali dovesse capitare una situazione di emergenza sappiano come intervenire.
Fonte e bibliografia: http://www.gaslini.org/upload/gaslini_ecm8/gestionedocumentale/ALTE%20info%20per%20genitori_784_3241.pdf
A.L.T.E. (Apparent Life Threatening Event = Evento apparentemente rischioso per la vita) Informazioni per i genitori
Antonella Palmieri Dirigente Medico UO. Medicina d’Urgenza Responsabile ALTE/SIDS – Istituto G. Gaslini Genova Donatella Passalacqua Coordinatore Infermieristico U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova
Alessandra Costa Infermiera Pediatrica U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova
Daniela Marchesi Infermiera Pediatrica U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova
Antonella Mastrosimini Infermiera Pediatrica U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova Stefania Riccardi Infermiera Pediatrica U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova Rosanna Sergio Infermiera Pediatrica U.O. Medicina d’Urgenza Istituto G. Gaslini Genova
“AIUTO!…. mio figlio non respira!!!!!…..” E’ la richiesta di soccorso di un genitore quando il lattante, che sta accudendo, presenta quell’insieme di sintomi che tecnicamente viene denominato A.L.T.E .
L’A.L.T.E. (acronimo di Apparent Life Threatening Event – evento apparentemente rischioso per la vita) è un evento critico che insorge acutamente in sonno o in veglia e che si presenta in soggetti di età inferiore all’anno in cui, assieme all’apparente interruzione dell’attività respiratoria, sintomo più evidente e preoccupante per coloro che assistono all’evento, vengono rilevati altri sintomi come il cambiamento del colorito cutaneo del volto e/o del tronco e degli arti (cianotico o pallido con o senza marezzatura), l’alterazione del tono muscolare (ipotonia, flacidità, ipertonia), talvolta la perdita di coscienza della durata che varia da un minuto a 10 minuti circa, anche se, nella maggior parte dei casi, coloro che hanno assistito all’evento critico dichiarano che, ripensando al momento di concitazione vissuto, non sono in grado di definire con precisione la durata dell’evento al quale hanno assistito.
La sensazione degli astanti è che il lattante stia per morire. La maggior parte delle persone descrive una sensazione di panico e di completa incapacità a mettere in atto manovre di soccorso ed anche di allertare il sistema di soccorso avanzato 118, mentre una piccola parte di persone tentano di mettere in atto “manovre di rianimazione” come ad esempio il tentativo di estrarre la lingua verso l’esterno al fine consentire il passaggio dell’aria nelle vie aeree, manovra che viene messa in atto in quasi tutti gli episodi nei quali sono state tentate manovre di primo soccorso. Questi “tentativi di rianimazione”, sono spesso frutto del “sentito dire” e di “credenze metropolitane”, e purtroppo risultano essere ben diverse da quelle che dovrebbero essere messe in atto da soccorritori non sanitari. Infatti le manovre di rianimazione e primo soccorso eseguite da persone non addette al soccorso si dovrebbero riferire a linee guida di rianimazione cardiopolmonare riconosciute a livello mondiale in merito alle quali tutti i cittadini di un paese moderno ed all’avanguardia dovrebbero essere, se non formati, almeno informati e sensibilizzati.
Tra i casi giunti alla Medicina d’Urgenza dell’Istituto G. Gaslini dal 1994 al 2006 (circa 30 casi all’anno), solo meno di 10 pazienti sono stati soccorsi con la ventilazione artificiale da parte di soccorritori non sanitari che hanno assistito all’evento (nessuno dei quali era stato formato precedentemente alla rianimazione cardiopolmonare pediatrica); in nessun caso, chi ha assistito all’evento critico ha rilevato l’eventuale assenza di attività respiratoria attraverso l’osservazione del movimento toracico/addominale, tutti coloro che hanno assistito all’evento hanno dichiarato di aver rilevato l’assenza di respiro attraverso il cambiamento del colorito cutaneo del volto. Nella totalità dei casi relativi a lattanti che sono giunti presso l’U.O. di Medicina d’Urgenza dell’Istituto G. Gaslini dal 1994 a tutto il 2006, i bambini sono riusciti a recuperare le normali funzioni vitali perché stimolati “in qualche modo” da parte degli astanti (spesso con manovre pericolose come lo scuotimento del lattante o il posizionamento “a testa in giù”) o perché l’episodio critico si è autolimitato.
Prevenire è meglio…
E’ importante l’osservazione del lattante e del gruppo familiare in relazione alle loro abitudini in quanto i più importanti fattori di rischio di ricomparsa di eventi critici riconducibili ad un episodio di A.L.T.E. possono proprio essere riscontrati al loro interno
L’osservazione avviene considerando molteplici aspetti della vita, soprattutto in relazione ai fattori principali che possono favorire l’insorgere delle crisi di A.L.T.E. come:
1. Posizione del lattante durante il sonno e durante la veglia: il lattante durante il sonno deve mantenere la posizione supina (a pancia in su). Questa indicazione viene data in quanto alcuni studi hanno dimostrato che il lattante che dorme in posizione prona (a pancia in giù), non essendo in grado di muovere il capo acquisisce l’anidride carbonica che ha appena espirato contribuendo ad una sorta di “auto-anestesia” che innalza la soglia di risveglio e che gli impedirebbe di tossire in caso di un rigurgito il quale, invece di dirigersi all’esterno della bocca penetra nelle le vie aeree. Inoltre il lattante molto piccolo non è in grado di girare il capo nel caso in cui appoggi il naso sul piano del letto tanto da causare una ostruzione nasale da distorsione cartilaginea (il lattante non è in grado di respirare dalla bocca) e questo potrebbe costituire un ostacolo alla respirazione. Al fine di evitare il reflusso del latte dallo stomaco all’esofago e successivamente dalla via digestiva a quella aerea con la possibilità che si verifichi un episodio di A.L.T.E., occorre mantenere il lattante in posizione anti reflusso cioè supina e semiseduta o supina e seduta. Durante il sonno il materasso della culla deve essere rialzato in modo che testa e tronco siano più sollevati rispetto a bacino ed arti inferiori. Durante la veglia il lattante deve essere mantenuto su un seggiolino o, se si trova in braccio, in posizione seduta avendo cura di non esercitare alcuna pressione sull’addome.
2. Favorire lo svuotamento gastrico dopo il pasto: al termine del pasto il lattante deve essere mantenuto in posizione seduta o semiseduta per almeno 20 minuti avendo cura di non esercitare alcuna pressione sull’addome e senza creare movimenti di dondolamento. Importante, allo stesso scopo, è anche evitare di somministrare pasti a distanza di tempo ravvicinata dall’ultimo, cosa che spesso accade quando il lattante piange poco tempo dopo l’assunzione di un pasto completo. In questo caso occorre offrire risposte alternative che differiscano quindi dalla somministrazione di ulteriori dosi di cibo. E’ utile quindi cercare le cause del disagio del bambino che, molto probabilmente, passato poco tempo dal termine dell’assunzione del pasto, non sono legate alla richiesta di alimentazione. Occorre tenere ben presente che il lattante, a fronte di un qualsiasi disagio (fame, dolore, caldo, freddo, posizione non gradita, ecc.), piange e cerca consolazione nell’unico modo che per lui costituisce fonte di piacere ed appagamento, cioè la suzione. Sulla base di tale concetto, al fine di prevenire episodi critici legati all’eccessivo riempimento gastrico o al mancato svuotamento, occorre ricercare le cause di pianto alternative alla fame, e fornire risposte coerenti al disagio presentato (per esempio chiedersi se il pianto è dovuto ad una colica gassosa e, se è così, favorire l’eliminazione dei gas intestinali; oppure verificare se è necessario cambiare il pannolino, oppure posizionare il lattante in una posizione differente a quella in cui si trova, coprirlo, scoprirlo, ricercare segni di dolore alle orecchie e se presenti segnalarli al pediatra per la gestione del dolore e dell’infezione, ecc.).
3. Evitare di fumare in gravidanza, in presenza del bambino e nei locali che frequenta: alcuni studi hanno dimostrato che il fumo non è causa di SIDS, ma ne aumenta sensibilmente il rischio.
4. Evitare temperature troppo elevate nella stanza in cui dorme il lattante, non coprirgli il volto ed il capo: alcuni studi hanno dimostrato che il rischio di SIDS aumenta se, durante il sonno, le coperte coprono la testa del bambino e l’ambiente ha una temperatura troppo elevata.
5. Far dormire il bambino nella sua culla e non nel letto con i genitori: anche in questo caso alcuni studi hanno dimostrato che l’aumento delle ore di condivisione del letto contribuisce ad aumentare il rischio di SIDS.